a proposito del regolamento per le chiamate

by cavallo Pietro

Uno dei punti in discussione nella seduta del SA di luglio è stato l’approvazione delle modifiche al Regolamento per la disciplina del procedimento di chiamata dei professori di ruolo di prima e seconda fascia. Le modifiche erano state approvate dal CdA in giugno (lo statuto – art 10 comma 2 – prevede che il Senato approvi questo e altri regolamenti previo parere favorevole del CdA). Le modifiche non sono state approvate dal SA avendo ricevuto un numero di voti favorevoli inferiore alla metà più uno dei votanti.

Tale regolamento fu inizialmente approvato di tutta fretta nell’autunno del 2011 per poter dar corso alle chiamate (alcune poi saltate) che necessitavano di un nuovo regolamento ex legge 240 nel frattempo entrata in vigore.

La breve storie dell’iter di modifica di tale regolamento è interessante poichè aiuta a mettere a fuoco meglio i problemi (veri o presunti che siano) del Senato accademico nella sua azione legiferante.

Innanzi tutto è vero che il “vecchio” regolamento 10117testodefinitivoc necessita di modifiche?
Al di là di questioni di dettaglio e molto circostanziate il nodo del problema e il motore delle volontà di modifica sembrano perlopiù concentrate sull’interpretazione del famigerato comma 6 dell’art 24 della L240, ovvero sia quello introdotto nella fase finale della discussione parlamentare in piena protesta ricercatori e che da tanti fu chiamato, insieme al comma 9 dell’art 29 (quello dei danè) il piatto di lenticchie. (Art2429l240)
Sulla necessità dell’intervento sul regolamento i pareri sono non del tutto concordi. L’intero regolamento fu pensato per dare la possibilità di bandi su macrosettori e poi procedere a scalare nel caso di vincitori interni con dispendio modesto di punti (0.2).
Sul dilemma concorsi/chiamate il regolamento sembra lasciare discrezionalità al dipartimento pur richiamando la procedura del comma 5 che è certamente una procedura individuale.
L’amministrazione ha ritenuto di affrontare il percorso di modifica e il Magnifico Rettore ha investito della pratica la commissione reclutamento i cui componenti (a cominciare dal coordinatore) dovrebbero forse ricevere un’indennità speciale poichè negli ultimi mesi hanno dovuto elaborare idee e strategie senza tregua su argomenti abbastanza diversi tra loro.
La commissione sul punto in questione è apparsa fin da subito divisa, chi propendeva per i cosiddetti concorsi interni chi per le chiamate individuali. Per avere un supporto giuridico orientante la commissione ha altresì richiesto un parere al consigliere giuridico del Rettore, prof. Bollani (003 – parere chiamate art 24 comma 6).
In prossimità della seduta del CdA di maggio la commissione, non riuscendo a condividere una proposta univoca ha deciso di inviare al CdA entrambe le proposte.
Il CdA nella seduta di Giugno ha approvato la versione che riportava la procedura valutativa individuale e non i concorsi interni. Si tralasciano in questo caso i dettagli sul ritardo del CdA nel deliberare ma va ricordato che l’orientamento del CdA fu chiaro già nella seduta di maggio.
Il Senato Accademico ha quindi ricevuto nella pratica istruttoria della seduta di luglio una proposta univoca, cioè la procedura valutativa individuale. Ma, dulcis in fundo, in SA
tale proposta non ha raggiunto un numero di voti favorevoli sufficienti e quindi è stata respinta. Fin qui la semplice cronaca dei fatti che han portato ad un reale impasse istituzionale.

Ora alcune riflessioni sul percorso che ha portato a questo stallo, in coda altre riflessioni sulla sostanza del (presunto) problema.

1) come nascono le valutazioni di inadeguatezza regolamentare? Vengono interpellati gli organi, in particolare il CdA, per valutare le inadeguatezze? Tale domanda risulta appropriata anche per altre situazioni come ad esempio il regolamento sugli incentivi una-tantum.

2) la commissione reclutamento e risorse è una commissione del SA. Nel passato assetto istituzionale le decisioni che uscivano dalla commissione (quasi) analoga per funzioni erano certamente vincolanti (forse anche troppo) per l’intero senato. Così non si può dire della commissione attuale, troppo diverse sono le condizioni di lavoro. In ogni caso più di una volta pur nella breve storia intercorsa le posizioni prevalenti nella commissione non han trovato ugual sorte alla prova del consesso ampio. Sia per correttezza istituzionale sia per opportunità parrebbe quindi meno problematico inviare al CdA o ad altre entità (come ad es. la consulta dei direttori) documenti già avallati dal senato nel suo complesso. Talvolta l’urgenza impedisce tale percorso, ma certamente non l’avrebbe impedito in questo caso stante la decisioni di attivare le procedure ex art 24c6 solo in coda ai concorsi aperti ex art 18.

3) in questo caso la commissione ha deciso di inviare al CdA due proposte alternative tra loro. Sapendo che l’approvazione finale del SA deve avvenire previo parere favorevole del CdA appare bizzarro inviare al CdA due proposte senza la preventiva disponibilità della commissione ad accettare la proposta che avrebbe poi ricevuto il favore del CdA e senza l’impegno ad adoperarsi affinché tale favore venisse espresso anche dal SA.

4) in realtà l’ultimo passaggio in SA è stato introdotto in modo molto parziale dal prorettore alla ricerca e coordinatore della commissione, che fin da subito si era schierato a favore dei concorsi interni. (Qui la dichiarazione di voto sul punto : dichpg).

Vedremo presto come il Magnifico Rettore deciderà di risolvere la questione.
Qui trovate alcune riflessione sulla sostanza del problema che mi spinge a ritenere preferibile la soluzione che ha avuto già il favore del Consiglio di Amministrazione.

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